Il nuovo divieto legato all’utilizzo dei social media ha sollevato un grande polverone mediatico facendo il giro del web.
Non c’è alcun dubbio che i social media siano diventati una parte integrate della vita quotidiana. C’è chi li utilizza nel proprio tempo libero, c’è invece chi li sfrutta anche per questioni lavorative. Insomma, ormai non possiamo più sfuggire a queste piattaforme che ci permettono di usufruire di un’infinita e variegata quantità di contenuti digitali.
L’avvento dei social network però ha portato sia dei lati positivi che negativi, soprattutto per la salute. Questi ultimi infatti ci danno per esempio la possibilità di interagire in qualsiasi momento con amici e famigliari, ma al tempo stesso rischiano di creare una grave dipendenza dagli stessi, specialmente tra i più giovani.
Ciò ha fatto sì che molti paesi si attivassero in questo campo anche se la maggior parte non ha ancora fatto consistenti passi in avanti per proteggere le categorie più vulnerabili. Fa eccezione l’Australia, che ha da poco fatto notizia per aver introdotto un divieto molto particolare, rivolto ai minorenni.
Dopo un lungo dibattito che ha coinvolto l’intero paese oceanico, il governo ha deciso di mettere a punto una legge ad hoc per ridurre l’uso dei social media tra i più giovani. Quest’ultima vieta i minori di 16 anni di accedere alle suddette piattaforme.
Questo significa che i giganti tecnologici come Meta sono costretti a trovare un modo che impedisca agli adolescenti australiani sotto la suddetta età di entrare sui social, altrimenti rischiano multe fino a 49,5 milioni di dollari.
La sperimentazione dei metodi di applicazione avrà inizio a gennaio 2015, mentre il divieto vero e proprio entrerà in vigore tra un anno. L’Australia dunque rappresenta un banco di prova per altri governi che stanno provando a limitare l’utilizzo dei social tra i giovani a causa del loro impatto sulla salute mentale.
Non è la prima volta che l’Australia ha preso dei provvedimenti contro i colossi tecnologici. Infatti il paese è stato anche il primo a imporre alle piattaforme social il pagamento di royalties per la condivisione dei loro contenuti e ora intende minacciarle di multe per non aver eliminato le truffe.
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